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“OSSA fratturate, vite spezzate”. E' il titolo del Report EU6 sull’osteoporosi in Italia presentato questa mattina a Palazzo Giustiniani a Roma, in occasione della Giornata Mondiale dell’Osteoporosi, che si celebrerà in tutto il mondo il 20 ottobre. Un report della Fondazione Internazionale per l’Osteoporosi (IOF), con il sostegno di Firmo, Siommms e Siot. Obiettivo? Esplorare gli oneri clinici, sociali ed economici legati alle fratture da fragilità in Italia. In altre parole, le fratture dell’anziano che nel mondo colpiscono una donna su tre e un uomo su cinque nella fascia sopra i 50 anni.

• UN COSTO ELEVATO PER IL SISTEMA SANITARIO NAZIONALE
Il report internazionale pone a confronto la situazione italiana con quella di altri cinque paesi (Francia, Spagna, UK, Svezia, Germania), anche per prevedere l’incidenza dei prossimi anni. E le previsioni sono preoccupanti. Nel 2017, nel nostro paese si sono verificate 560.000 fratture (circa 100.000 di femore) con un costo per il sistema sanitario nazionale pari a 9,4 miliardi di euro. Ma si prevede che questa spesa annuale aumenterà quasi del 26% (raggiungendo 11,9 miliardi di euro) entro il 2030. “In quegli anni - osserva Maria Luisa Brandi, presidente Fondazione FIRMO - la popolazione italiana conterà il maggior numero di anziani: tutti i cosiddetti baby boomer, i nati tra gli anni ‘50 e ‘60, che nel 2030 avranno più di 65 anni”. Con il progressivo invecchiamento della popolazione italiana, infatti, l’incidenza e il contributo delle fratture da fragilità sulla spesa sanitaria complessiva continueranno a crescere.

“L’incidenza di malattie croniche, come l’osteoporosi - osserva Brandi - aumenterà, portando con sé una crescita esponenziale delle fratture da fragilità”. L’osteoporosi è, infatti, una delle cause delle fratture dell’anziano: “Rappresenta un fattore numerico che ci permette di poter fare un’analisi quantitativa della situazione. Ma è il momento di interrompere questa spirale negativa di aumento dei costi e di agire”.

• LA NECESSITÁ DI LINEE GUIDA PER IL PAZIENTE FRATTURATO
ll report fornisce anche un piano d’azione, che include raccomandazioni strategiche per offrire la migliore assistenza possibile ai cittadini italiani e ridurre l’incidenza delle fratture e il loro impatto sui pazienti e sul sistema sanitario nazionale. “È necessario stilare linee guida per il paziente fratturato - afferma Brandi - abbiamo linee guide di società scientifiche ma non hanno valore legale. Le linee guida devono essere emanate dall’Istituto Superiore di Sanità”. In quasi l’80% dei casi, infatti, il paziente anziano non è trattato e viene dimesso dagli ospedali italiani senza alcuna indicazione. “Con le linee guida - prosegue Brandi - l’obiettivo è creare dei percorsi che possano garantire una continuità terapeutica del paziente, in modo tale che il paziente, una volta dimesso, sappia a chi rivolgersi”.

• I FARMACI CI SONO MA NON VENGONO PRESCRITTI
Solo in questo modo, si potrà garantire l’accesso alle terapie. I risultati degli studi dimostrano che, nonostante la disponibilità di efficaci terapie preventive e approcci di gestione per le fratture da fragilità, solo il 20% dei pazienti viene trattato farmacologicamente. “Ogni frattura aumenta di cinque volte il rischio di incorrere in una nuova frattura”, precisa Brandi. E, questo, può innescare una spirale negativa di dipendenza dall’assistenza sanitaria, aumento dei costi e compromissione della qualità della vita. Bisogna ottimizzare i trattamenti di prevenzione della frattura ed evitare che il paziente subisca un’altra frattura. “I modelli multidisciplinari per la prevenzione secondaria delle fratture, come il Fracture Liaison Service - spiega - possono contribuire a ridurre questa lacuna terapeutica”.

“In Italia, c’è molta confusione - commenta la presidente Firmo - esistono farmaci che prevengono la seconda frattura fino al 60%, ma non vengono usati”. Una situazione, quindi, da regolamentare con urgenza. Cosa accade di preciso? L’autorizzazione per prescrivere questi farmaci appartiene solo a pochi centri autorizzati, mentre il medico di medicina generale si trova limitato nella scelta: o prescrivere farmaci generici o prescrivere la tanto dibattuta vitamina D. “Per questo motivo - osserva Brandi - in Italia le prescrizioni di vitamina D sono tante, al contrario di quelle dei farmaci post-frattura”. Nonostante, quindi, l’esistenza dei farmaci e le disposizioni dell’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) di trattare determinati pazienti con questa terapia, in Italia non si fa. “Forse, un ruolo in tutta questa storia è da attribuire allo scandalo calcitonina all’inizio degli anni ‘90, quando in Italia per l’osteoporosi si prescriveva questo farmaco che non funzionava. Sicuramente - racconta Brandi - è stato un episodio che ha marcato in senso negativo quest’area della medicina, ma la situazione potrebbe essere sbloccata con l’emanazione di linee guida che abbiano valore legale e che consentano a tutti di accedere alle terapie”.

• UNA GESTIONE EFFICACE PUÒ RIDURRE I COSTI
L’onere associato alle fratture da fragilità in Italia supera quello associato alla broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco) e all’ictus ischemico e, confrontando i costi associati alle fratture e il costo totale della sanità, in Italia si registra la percentuale più alta di spesa destinata a questo problema rispetto agli altri cinque paesi inclusi nel report.

C’è, quindi, un’urgente necessità di riconoscere le fratture da fragilità come una priorità per la sanità pubblica e di integrare la prevenzione secondaria e la gestione delle fratture nelle strategie di invecchiamento in buona salute. “Come prevenzione, sicuramente è importante fornire la giusta quantità di calcio all’anziano colpito da frattura, così come consigliare un ritorno all’attività fisica appena possibile”, ricorda Brandi. “Ma non bisogna dimenticare che una frattura colpisce le persone non solo dal punto di vista fisico, ma anche emotivo”. La consapevolezza di essere esposti a un maggior rischio di fratture può, infatti, influenzare negativamente la prospettiva dei pazienti, portandoli a modificare i loro livelli di interazione sociale e a evitare determinate attività, compromettendo la loro qualità generale della vita.

"In vista dell’aumento delle fratture di fragilità in Italia - afferma il professor Cyrus Cooper, presidente Iof - il nostro auspicio è che questo report possa spingere le parti interessate ad adottare azioni necessarie per ridurre i costi. Non possiamo più permetterci di ignorare la prevenzione: bisogna agire di fronte a questa minaccia silenziosa”.

• L’OSTEOPOROSI
L’osteoporosi (che letteralmente vuol dire “ossa porose”) è una malattia che indebolisce la densità e la qualità del tessuto osseo, determinando un aumento del rischio di fratture. In Italia sono 5 milioni le persone colpite (di cui 1,5 uomini) delle quali 18mila all’anno diventano disabili a causa di una frattura del femore. La complicanza più temibile dell’osteoporosi è, infatti, rappresentata dalle fratture, che sono soprattutto a carico di femore, colonna vertebrale, polso e omero e possono presentarsi anche dopo un trauma lieve.

Una frattura significa che l’osteoporosi è già in uno stato avanzato ed è anche un importante fattore di rischio di mortalità: si stima che il 28% delle donne e il 37% degli uomini ricoverati per frattura di femore da osteoporosi muoiano entro un anno dalla frattura. “Solo una prevenzione precoce e cure tempestive possono far diminuire drasticamente il numero di malati”: è questo l’appello della Fondazione per l’Osteoporosi onlus.

Fonte: Repubblica

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