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I recettori della melatonina svelano i loro segreti

Per la prima volta è stata ottenuta una mappa dettagliata dei due principali recettori cellulari per la melatonina, l'ormone che regola i nostri ritmi circadiani. La definizione della struttura di questi recettori, chiamati MT1 e MT2, permetterà di sviluppare farmaci più mirati ed efficaci per i disturbi del sonno e per altre condizioni patologiche correlate all'alterazione dei ritmi circadiani.

I risultati - ottenuti da un gruppo di ricerca diretto da Vadim Cherezov dell'University of Southern California a Los Angeles - sono illustrati in due articoli pubblicati su "Nature", il primo dedicato alla descrizione di MT1, il secondo a quella di MT2.

Caso Studio: la melatonina

In particolare, i ricercatori hanno scoperto che entrambi i recettori contengono stretti canali che permettono solo il passaggio della melatonina, bloccando quello di altre molecole. Inoltre, hanno identificato caratteristiche che permettono ad alcuni composti di legarsi a MT1 ma non a MT2, nonostante le somiglianze strutturali tra i due recettori. Sulla base di questi risultati sarà possibile progettare farmaci che agiscano selettivamente su uno dei due recettori, così da ottimizzare l'effetto voluto e ridurre quelli collaterali.

Di grande interesse è stata l'identificazione nel recettore MT2 delle variazioni strutturali legate a mutazioni nel gene che codifica per MT2, che sono associate a un elevato rischio di sviluppare il diabete di tipo 2.

Note: I due recettori studiati da Cherezov e colleghi si legano ai composti  che stimolano l'azione della melatonina, ma ora i ricercatori intendono studiare con lo stesso metodo anche i composti che bloccano i recettori e inibiscono l'attività della melatonina.

Per poter ottenere una quantità sufficiente di recettori da sottoporre a cristallografia a raggi X i ricercatori hanno dovuto inserire in cellule in coltura ulteriori copie dei geni per MT1 e MT2, in modo che ne producessero in soprannumero. Inoltre per poter osservare i minuscoli dettagli a cui erano interessati, per l'analisi cristallografica sono dovuti ricorrere a un laser a raggi X di cui è dotato lo SLAC (Stanford Linear Accelerator Center), l'unico in grado di produrre un fascio calibrabile in modo da non danneggiare quei cristalli, particolarmente sensibili alle radiazioni.

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