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Un enzima di origine batterica che degrada rapidamente la nicotina si è dimostrato in grado di bloccare le recidive in topi prima resi dipendenti dalla sostanza e poi disassuefatti. La scoperta apre le porte a un trattamento farmacologico contro il tabagismo più efficace di quelli già disponibili, per i quali il tasso di ricadute a un anno dalla cessazione del fumo sfiora l'80 per cento. La somministrazione di un enzima che degrada la nicotina prima che raggiunga il cervello ha permesso di bloccare i comportamenti di dipendenza in un gruppo di ratti sensibili alla sostanza, senza che si manifestassero segni di astinenza né che tornassero a cercare la nicotina.

La scoperta, fatta da un gruppo di ricercatori dello Scripps Research Institute a La Jolla, in California, e pubblicata su "Science Advances", fa sperare in un significativo passo in avanti nell'uso di farmaci per sconfiggere la dipendenza dal tabacco. Benché sul mercato ce ne siano già diversi, infatti, la loro efficacia a medio-lungo termine è molto limitata: il tasso di ricaduta a un anno dalla terapia si aggira intorno al 75-80 per cento. L'enzima studiato da Marsida Kallupi e colleghi, chiamato NicA2-J1, è una versione geneticamente ingegnerizzata di un enzima prodotto naturalmente dal batterio Pseudomonas putida, che in studi precedenti aveva mostrato di impedire lo sviluppo di una dipendenza in ratti sistematicamente esposti alla nicotina. Non era noto però se fosse altrettanto utile quando la dipendenza si è già instaurata.
Negli esperimenti condotti dai ricercatori, la terapia con NicA2-J1 su ratti abituati ad autosomministrarsi alti dosi di nicotina ha portato a una drastica riduzione del consumo della sostanza senza che si manifestassero segni di astinenza, irritabilità e aggressività.
Ma la scoperta più interessante riguarda la suscettibilità alle recidive: i ricercatori hanno tolto ai ratti la possibilità di accedere alla nicotina per 10 giorni, per poi iniettare loro della nicotina allo scopo di risvegliare il desiderio per la sostanza, offrendo contemporaneamente la possibilità di ottenerla di nuovo.
I ratti non trattati sono rapidamente tornati ad autosomministrarsi elevate quantità di nicotina, ma non così quelli trattati con NicA2-J1, che l'hanno fatto solo episodicamente e in misura minima. Lo stesso risultato si è avuto somministrando una sostanza che provoca stress la ratti reduci da un periodo di astinenza: le situazioni di stress sono infatti la principale causa scatenante di ricadute negli esseri umani. Il segreto dell'efficacia di NicA2-J1, osservano gli autori, è che l'enzima non annulla completamente i livelli di nicotina nel sangue, ma li riduce a un livello estremamente basso, ma sufficiente a evitare i fenomeni di astinenza. In seguito, il perdurare dell'azione dell'enzima permette ai ratti che per abitudine continuano ad autosomministrarsi piccole dosi di nicotina (rapidamente degradata nel sangue da NicA2-J1) di "disimparare" l'associazione fra la sostanza e la gratificazione che offre.
Ora i ricercatori condurrano ulteriori studi per ottimizzare le proprietà di NicA2-J1 come farmaco, per procedere poi alle prime sperimentazioni cliniche.

Fonte : Le scienze

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